Morire da cristiani

Una folla commossa e assai numerosa ha dato l’ultimo saluto a don Antonio Brigliadori, parroco di Bellaria.

La Chiesa stipata, ma anche il piazzale antistante pieno, dove sono stati predisposti schermi e audio,  così come il cortile a lato della Chiesa, sono il segno dell’affetto che aveva saputo generare attorno a sé don Tonino.

Alla presenza delle autorità civili – gran parte della giunta e del consiglio comunale con alla testa il sindaco, ma anche i Carabinieri e la Capitaneria di porto –  il vescovo Francesco Lambiasi ha celebrato una solenne cerimonia, che, se presentava i segni del dolore per il distacco, tuttavia è scorsa nel segno della letizia e della fiducia che la morte non sia l’ultima parola.

A segnare questo clima misto di letizia e dolore, tipico del cristianesimo quando è intensamente vissuto, è stato poi proprio lo stesso don Tonino. Chi gli è stato vicino già lo raccontava, ma l’omelia del vescovo ha svelato la serenità e la fortezza del don nell’affrontare la malattia e una sicura, e assai prossima, morte.

Monsignor Lambiasi durante l’omelia ha ripercorso la vita sacerdotale di don Tonino. Entrato in seminario giovanissimo (i nostri lettori hanno potuto vedere la bella foto pubblicata da Leonardo Neri), ha speso la sua vita al servizio degli altri e di Cristo.

E monsignor Lambiasi svela qui il segreto della sua vita e del suo approccio lieto alla malattia e alla morte. “Non si concepiva come padrone del suo io, ma si concepiva come appartenente ad un altro, al mistero, a Dio”. Il vescovo ha usato l’espressione cara alla viserbese Marta Bellavista (la cui storia mons. Lambiasi ben conosce), “io sono Tu che mi fai”. Ed è qui il segreto della letizia di don Tonino. Tutta la sua vita, ha proseguito il vescovo elencando fatti e note scritte dal don,  è stata spesa per un Altro, al servizio della chiesa, obbedendo, sempre in moto.

Toccanti le parole  con cui Lambiasi ha ricordato  il momento dell’affiorare della malattia. Agli esercizi spirituali dei diaconi permanenti a Pesaro don Tonino gli comunica, “dovrò fare una Tac, ma nulla…, io non volevo neppure andare ma il medico insiste..:”, e poi la comunicazione al vicario generale del triplice tumore (fegato, polmoni, pancreas). Pochi giorni dopo il vescovo Francesco lo incontra e aveva una faccia lieta, solare… “Don Tonino, ma  allora si son sbagliati…” e lui sereno, “No, no, ma sarà quel che Dio vorrà”.

Il modo con cui don Tonino ha vissuto la malattia ha colpito fortemente, tra i tanti, il nostro vescovo che ha concluso il racconto della parabola terrena di don Tonino con la voce rotta dalla commozione, in particolare quando ha rivelato che alla fine il nostro don invocava il santo del giorno perché lo prendesse con sé, così San Lorenzo, poi Elisabetta Renzi, Mosè. Infine è stata Maria, assunta in cielo, ad avere questo compito di accompagnarlo con lei in cielo.

La celebrazione è finita con un saluto dei parrocchiani sia di Bellaria che del Crocifisso, dove precedentemente don Tonino aveva prestato a lungo servizio.

L’approccio alla malattia e alla morte di don Tonino ha colpito tutti, dicevamo. In tanti dei presenti lo hanno ricordato nel parlare sommesso a termine della celebrazione. Sicuramente una testimonianza di grande valore e di grande coraggio per tutta la comunità (non solo religiosa) di Bellaria Igea Marina.

La testimonianza che anche la morte può misteriosamente essere vinta. Proprio mons. Lambiasi ha sottolineato come don Tonino sia giunto alla soglia della morte con il sorriso sulla bocca, il sorriso di chi sa di appartenere a un Altro e di tornare da Lui.

 

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